Metriche e dimensioni principali
I sistemi di web analytics ci forniscono moltissime misure: vediamo le principali, cercando di capire come vengono rilevate e l’utilità che possono avere. Quelli che vedremo saranno i “mattoni” per misurare successivamente gli obiettivi di business del nostro sito.
Sessioni o Numero di visite (per un dato intervallo temporale)
Quando un visitatore arriva sul sito e naviga su una o più pagine si dice che ha fatto una visita o che c’è stata una sessione. Le visite o le sessioni hanno alcune caratteristiche:
- sono indipendenti dal numero di pagine viste e dalla durata;
- se si chiude il browser e si ritorna sul sito, viene conteggiata una nuova sessione lasciando il browser aperto senza interagire, dopo 30 minuti la sessione termina (alcuni software di web analytics utilizzano intervalli differenti); quando eventualmente si riprende a navigare, viene calcolata una nuova sessione.
Attenzione: il numero di visite o sessioni è una misura imprecisa e poco indicativa per il successo di un sito: rende conto di quante sessioni sono state aperte, ma non mi dice cosa hanno fatto i visitatori sul sito e se erano interessati o meno alla nostra offerta. È un valore interessante solo se si usa il sito come canale per ospitare pubblicità: in questo senso, più visite si hanno e più pubblicità si può ospitare.
Utenti (per un dato intervallo temporale)
Per capire se un visitatore è già stato sul sito, si utilizza un apposito cookie (vedi sotto). Google Analytics è in grado di conteggiare gli utenti unici in un
determinato periodo. Dal momento che la misura è basata su un cookie, non è del tutto affidabile, perché i cookie potrebbero essere stati cancellati dalla visita precedente. Inoltre, ovviamente, se una persona naviga sullo stesso sito dal PC in ufficio, dallo smartphone mentre torna dal lavoro o dall’iPad da casa, viene registrato
come tre diversi utenti, poiché i cookie restano sul device da cui sono stati scaricati.
Per questi motivi, gli utenti indicati sono in genere di più di quelli che, in effetti, hanno visitato il sito. Maggiore è la differenza tra le sessioni e i gli utenti, maggiore è il numero di utenti che sono tornati più di una volta.
Che cos’è un cookie
Un cookie, letteralmente “biscotto”, è un file di testo inviato da un server a un client (di solito un browser) e poi rimandato indietro dal client al server, senza subire modifiche, ogni volta che il client accede allo stesso server. I cookie vengono usati per eseguire autenticazioni automatiche, tracking di sessioni e memorizzazione
di informazioni specifiche riguardanti gli utenti che accedono al server, per esempio siti web preferiti o, in caso di acquisti online, il contenuto del carrello o della lista dei desideri (wish list).
Poiché possono essere usati per monitorare la navigazione su Internet, i cookie sono oggetto di discussioni concernenti il diritto alla privacy.
I cookie vengono spesso erroneamente ritenuti veri e propri programmi e ciò genera convinzioni sbagliate. In realtà sono semplici blocchi di dati, incapaci, da soli, di compiere qualsiasi azione sul computer. In particolare non possono essere né spyware, né virus. Ciononostante, i cookie provenienti da alcuni siti sono catalogati come spyware da molti prodotti anti-spyware, perché rendono possibile l’individuazione dell’utente. I moderni browser permettono agli utenti di decidere se accettare o meno i cookie, ma l’eventuale rifiuto rende alcuni oggetti inutilizzabili. Per esempio, i carrelli implementati tramite cookie non funzionano in caso di rifiuto. (Liberamente tratto da Wikipedia – L’enciclopedia libera).
Tempo per pagina o sul sito
Misura difficile e in genere errata. Google Analytics, ma anche gli altri sistemi di rilevamento basati sia su JavaScript, sia su log file, annotano nel proprio database o nel log file l’orario in cui una pagina viene caricata – e quindi viene eseguito lo script o soddisfatta la richiesta (log file). Quando, successivamente, il navigatore chiede un’altra pagina, facendo clic su un link interno, alla richiesta della nuova pagina o al suo caricamento viene annotata di nuovo l’ora. Sottraendo l’orario di caricamento/richiesta della pagina antecedente a quello della successiva, si ricava il tempo che il navigatore ha trascorso sulla pagina.
Cosa succede, però, se l’utente chiude il browser o va su un altro sito? La risposta è: niente, nel senso che il programma di analytics non è in grado di sapere che si
è andati su un altro sito o si è chiuso il browser. In questo modo è impossibile calcolare per differenza il tempo di permanenza sull’ultima pagina del sito. La misura del tempo per sessione sull’intero sito non può dunque tener conto del tempo di permanenza sull’ultima pagina.

I sistemi di web analytics non sono in grado di calcolare in alcun modo il tempo di permanenza sull’ultima pagina, non esistendo una chiamata successiva al server che l’ha erogata (nel caso dei sistemi con Log File) o non essendo stata caricata alcuna pagina successiva, al cui interno ci sia una chiamata al JavaScript del sistema di analytics che potrebbe registrare l’ora di uscita. La lunghezza della sessione non tiene dunque conto del tempo di permanenza sull’ultima pagina.
Il calcolo del tempo di permanenza è tanto più approssimativo quanto più le sessioni si compongono di poche pagine. Nel caso dei blog, di cui viene letto tipicamente un unico post o dei siti mono pagina, avremo un dato assai fuorviante.
A complicare le cose, spesso chi naviga, facendo clic sui link, apre contemporaneamente più finestre o schede di navigazione e il tool di web analytics è del tutto incapace di sapere cosa in effetti stia guardando l’utente. Una volta caricate le varie pagine in differenti schede o finestre, non viene più richiamato il server che eroga il sito, né viene più eseguito il codice JavaScript contenuto nelle pagine ed è dunque impossibile sapere la pagina su cui l’utente sta trascorrendo il tempo. Google Analytics in questi casi si limita a mettere in ordine le diverse azioni, dandoci indicazioni per differenza.

Esemplificazione di come Google Analytics calcola la durata di una sessione
nel caso in cui il navigatore abbia aperto alcune pagine in schede differenti.
Il conteggio del tempo è quindi una misura inattendibile e da utilizzare non in valore assoluto, ma per differenza. Può servire, per esempio, a identificare quali sezioni vengono visualizzate da chi resta più tempo sul nostro sito. Oppure a capire se chi naviga più a lungo sulle nostre pagine alla fine acquista di più.
Potremmo scoprire che la cura eccessiva che dedichiamo ad alcune sezioni è sprecata, perché all’utente non interessano, oppure che ci sono alcune pagine di ingresso nel sito che trattengono il visitatore più di altre.
Particolarmente utile resta l’analisi delle fonti di traffico (e dei siti “top referral”) incrociata ai tempi di permanenza, per capire se ci portano traffico di qualità e a tema. In futuro, punteremo sulle fonti che convengono di più.
Un dato empirico che ci aiuta a trarre delle conclusioni è la tendenza a un rapporto 1:1 tra tempo trascorso e numero di pagine viste. In media, l’utente dedica un minuto alla lettura di una pagina. Se le misure per il nostro sito si discostassero in modo significativo da questo valore, potrebbe essere un indice di qualche cosa su cui indagare.
Bounce-rate o Frequenza di Rimbalzo
Rappresenta la percentuale di visite di una sola pagina. È un dato molto interessante e può essere misurato per l’intero sito, per la pagina di ingresso (che Google Analytics chiama “destinazione”) e per le landing page delle campagne.
Solitamente, se la frequenza di rimbalzo supera il 60% (e non abbiamo un blog), qualcosa non sta andando come speravamo.
È importante scegliere bene le pagine sui cui misurare il bounce-rate, quelle con un’unica o pochissime visite non hanno rilevanza statistica: in base al tipo di sito e alla sua ampiezza possiamo stabilire una soglia minima di visite oltre la quale sviluppare l’analisi di dettaglio. Le riflessioni devono essere fatte con buon senso, non sempre un’alta frequenza di rimbalzo è negativa: sarà per esempio un valore positivo, anziché negativo, per una pagina di smistamento ad altri siti o per la pagina di ringraziamento dopo la conclusione di un ordine.
È molto utile verificare le frequenze di rimbalzo per le diverse pagine di ingresso: posso scoprire quali sono da migliorare (le più “rimbalzate”), ma anche quali siti referral o campagne AdWords portano traffico maggiormente a tema (minor frequenza di rimbalzo).
La percentuale di uscita
Aiuta a individuare le pagine dalle quali la gente esce più spesso. Che escano è ovvio, se lo fanno alla fine del processo d’acquisto è ottimo. Se invece accade con più frequenza a metà del processo, può esserci un problema: è nella pagina in cui compaiono le spese di spedizione? L’utente si blocca sul form che richiede i dati personali? Tutti indizi da approfondire.
Canali sorgenti di traffico
Costituiscono un parametro importantissimo per valutare l’efficacia delle azioni promozionali, il posizionamento sui motori di ricerca e la notorietà del brand.
Google Analytics distingue tra:
- Direct: chi digita direttamente l’URL del sito (include il caso in cui il sito sia stato messo tra i preferiti)
- Referral: siti che contengono un link al nostro sito
- Organic search: il traffico che proviene dai motori di ricerca
- Email: traffico proveniente da link contenuti nelle email che inviato (se abbiamo opportunamente configurato i link – Vedi anche: —-)
- Paid Search: chi viene da AdWords o circuiti di advertising analoghi
- Display: traffico proveniente da banner a pagamento
- Social: traffico in entrata dai vari social quali ad esempio: Facebook, Instagram, Pinterest, Linkedin
- (Other): traffico non meglio identificato.
Tasso di conversione
È il rapporto tra numero di sessioni in un determinato periodo e quelle che hanno condotto al raggiungimento di un obiettivo o di una transazione per un sito di e-commerce. Solitamente si calcola:
- sia per i nuovi visitatori sia per i ritornanti
- segmentandolo per differenti fonti di traffico.
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